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UNO SPARTITO PER L'ITALIA

PAPER LAVORO

Le sfide del lavoro

Il lavoro è in profonda trasformazione a causa delle transizioni tecnologica, ambientale e demografica. Il mercato del lavoro italiano è tra i più diseguali in Europa, con bassi tassi di occupazione, in particolare tra giovani e donne. L’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite riducono la forza lavoro, mentre cresce il divario salariale tra lavoratori altamente qualificati e quelli meno specializzati.

Le sfide principali

  1. L’emergenza è il “senso del lavoro
    – Grandi dimissioni e quite quitting
    – Italia paese tra i più infelici al lavoro (Ricerca Gallup)
    – Ricostruire un lavoro che faccia “fiorire la persona”
    – Riconquistare le persone
    🡪 il lavoro è cura, la cura è lavoro
    (nuovo alfabeto, relazioni, gerarchie, stili di leadership)
  2. Polarizzazione e povertà lavorativa
    – Cresce il lavoro povero: il 12% dei lavoratori italiani, pur avendo un impiego, è sotto la soglia di povertà.

    – Il divario salariale tra qualifiche aumenta, con pochi lavoratori superstar e una massa di lavoratori a basso reddito.
    – La crisi demografica riduce la forza lavoro di circa 5 milioni di persone entro il 2040.
  3. Mismatch tra domanda e offerta di lavoro
    – La rapidità dei cambiamenti tecnologici genera posti vacanti mentre molti lavoratori restano disoccupati per mancanza di competenze.

    – La carenza di lavoratori in settori cruciali (es. sanità) rende necessario un ripensamento delle politiche di formazione e migrazione.
  4. Digitalizzazione e Intelligenza Artificiale
    – L’IA cambia il paradigma lavorativo: alcune professioni saranno sostituite, altre integrate, mentre nasceranno nuove figure professionali.

    – L’impatto dell’IA sul lavoro richiede una strategia educativa e politiche per l’aggiornamento continuo delle competenze.

Strategie per il lavoro dignitoso

  1. Aumento della produttività e dei salari reali
    – Investimenti in innovazione per migliorare la competitività delle imprese senza comprimere i salari.

    – Il salario minimo è utile per arginare il lavoro povero ma va accompagnato da altri strumenti per la crescita dei salari
    – Maggior valorizzazione del capitale umano per spostarsi verso settori a più alto valore aggiunto.
    – Creazione di una rete centri di ricerca applicata per facilitare l’accesso all’innovazione per le PMI.
  2. Smart Working e nuove organizzazioni del lavoro
    – Lo smart working migliora la qualità della vita e la produttività, ma richiede una riorganizzazione strutturata.

    – La flessibilità è un fattore chiave per attrarre talenti, soprattutto tra le nuove generazioni.
  3. Politiche per l’occupazione femminile e la conciliazione vita-lavoro
    – Servizi per l’infanzia, congedi paritari e flessibilità per eliminare il gap di genere nel lavoro.

    – Il welfare aziendale e comunitario devono integrare le esigenze familiari con quelle lavorative.
  4. Politiche migratorie intelligenti
    – Un sistema di ingressi regolari basato sulla domanda di lavoro per affrontare la carenza di manodopera.

    – Sanatorie per regolarizzare lavoratori già integrati nel sistema economico.
  5. Riforma dell’istruzione e formazione continua
    – Potenziare il sistema educativo per ridurre l’abbandono scolastico e formare giovani con competenze adeguate.

    – Creazione di un “digital wallet” per raccogliere esperienze formative e professionali.
    – Estensione del diritto  soggettivo alla formazione continua e “nuove 150 ore” con corsi su competenze digitali e nuove tecnologie.
  6. Partecipazione e governance aziendale
    – Coinvolgere i lavoratori nelle decisioni aziendali per aumentare il senso di appartenenza e migliorare le performance.

    – Favorire un modello di contrattazione collettiva che promuova formazione, welfare aziendale e premi di produttività.
  7. Il voto col portafoglio e il lavoro etico
    – I consumatori possono orientare il mercato premiando aziende che rispettano i diritti dei lavoratori e adottano pratiche sostenibili.

    – Rafforzare la trasparenza sulle condizioni di lavoro nei processi produttivi attraverso strumenti come il passaporto digitale del prodotto.

Conclusione

Il lavoro deve essere ripensato come un elemento di crescita e di mobilità sociale e al tempo stesso di generazione di comunità. Per questo rispetto all’esistente serve “un piano b del lavoro” perché le ricette utilizzate sin qui non funzionano più. Serve un nuovo paradigma relazionale che integri produttività, innovazione e dignità del lavoro. Politiche attive, formazione e modelli organizzativi moderni sono la chiave per affrontare le sfide del futuro.

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PAPER SANITÀ

L’avvio di una discussione propositiva

La scelta di avviare tavoli di discussione e formulazione di proposte per un ripensamento del modello di sviluppo e delle politiche sociali nasce dall’obiettivo che Piano B ha posto alla base della sua missione. 

Come rappresentato nello schema a cerchi concentrici che abbiamo costruito all’inizio del nostro impegno, e come spiegato nel libretto Piano B Uno spartito per rigenerare l’Italia, al centro di tutto c’è la nostra Costituzione, con i riferimenti a complessità, sostenibilità, generatività e sussidiarietà, ma tutto passa poi per l’azione di persone, istituzioni, imprese e territori, sulla vita e sulle politiche nei diversi ambiti. 

Da cui la decisione di proporre agli addetti ai lavori, agli studiosi e ai rappresentanti della società civile e dei corpi intermedi l’adozione di un nuovo approccio centrato sulla persona e sulla relazione. E di farlo aprendo la discussione ed il confronto sui principali ambiti e settori della nostra vita collettiva. 

L’individuazione del settore della salute e della sanità come uno dei primi da prendere in considerazione da parte di Piano B, insieme a lavoro e transizione energetica,  deriva dalla rilevanza del settore per la vita di tutti, individui, famiglie, comunità, territori, mondi del lavoro e istituzioni, come peraltro ben evidenziato dal dettato costituzionale e dai più importanti documenti internazionali, che vedono nella tutela della salute e nella sanità uno dei pilastri fondamentali per la salvaguardia della dignità, della giustizia, del benessere sociale, del diritto al lavoro e dello sviluppo equo e sostenibile. Questo dunque un primo punto da porre all’attenzione e alla discussione: salute e benessere non sono un “di cui” delle politiche pubbliche, un ambito marginale, ma un pilastro, assieme ad altri, della nostra democrazia e del nostro futuro.

Entrando nel merito, le analisi sullo stato dell’arte del settore, riassunte nel documento di discussione preparato da Piano B, ci segnalano una crisi drammatica dei principi inizialmente alla base del benessere e delle politiche per il benessere e la salute, una forte incongruenza tra principi e realtà dei fatti, tanto da poter sostenere che, dopo la conquista ottenuta grazie all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978, nel corso del tempo siamo andati incontro ad una  serie di fallimenti, e ad una sorta di “eterogenesi dei fini”, che si evidenzia nel venir meno dell’universalismo, nel malessere sociale e psichico che cresce,  e nelle profonde inadempienze del sistema in termini di risposta ai bisogni.

Gli elementi alla base di questo fallimento hanno a che fare sicuramente in prima battuta con i cambiamenti intervenuti negli assetti sociali e nella domanda di salute: 

  • l’invecchiamento della popolazione e le crescenti solitudini dal punto di vista demografico; 
  • la frammentazione sociale e l’indebolimento delle relazioni umane da un punto di vista sociologico; 
  • l’individualismo e le forme di egoismo autoreferenziale dal punto di vista antropologico;

tutti fattori che mettono in difficoltà il settore. Un secondo punto è dunque quello della necessità di partire dalla considerazione attenta della complessità sociale, dei cambiamenti in atto nelle aspirazioni e nei bisogni, e di tutti i fattori e le situazioni che costituiscono sfide nuove rispetto alla tutela del benessere e della salute.

Ma il terzo punto, quello principale in questa nostra discussione, riguarda il modello di tutela della salute e del benessere attuale e futuro. Il nostro punto di vista, che sottoponiamo alla discussione,  è che l’incapacità del sistema della salute a rispondere alla domanda di benessere e a promuovere uno sviluppo equo e sostenibile va messa in relazione con il prevalere di modelli e paradigmi che allontanano il settore dagli obiettivi costituzionali: 

  • il paradigma biomedico dello scientismo burocratico e dello sviluppo tecnologico disordinato (arroccamento su autoritarismo della scienza medica a detrimento della relazione terapeutica, tecnologie non guidate da un approccio umanistico e globale, separazione tra discipline scientifiche e tra correnti di pensiero all’interno della stessa disciplina, rigidità dei percorsi e dei protocolli clinici, ecc.);  
  • il paradigma economicistico, che pone al centro il controllo della spesa e le forme di aziendalismo spinto (piani di rientro, rigidi meccanismi di controllo meccanici e freddi  di tipo efficientistico che mettono in secondo piano gli esiti effettivi delle procedure e degli interventi sulla vita delle persone, integrazione mancata tra diverse tipologie di risorse, tra direzioni, tra uffici, nessuna considerazione delle risorse spontanee attivabili attraverso forme di partecipazione, collaborazione, prevenzione primaria, organizzazione sociale e urbana, ecc.)
  • e il paradigma burocratico-istituzionale della separazione delle funzioni e delle competenze e della contrapposizione tra pubblico e privato (forme di conflitto tra gestori e servizi, egoismi istituzionali, duplicazioni e sprechi per mancata cooperazione, separatismi tra uffici e competenze, ecc.).

La proposta di Piano B è allora quella di provare a ricomporre i segmenti di un sistema in profonda crisi attorno ad un paradigma diverso, che abbiamo voluto chiamare relazionale. Un paradigma che riconosce la salute e la malattia come eventi di senso nella vita delle persone e delle comunità e la cura come relazione, intersettorialità e dinamicità relazionale. 

Un approccio richiamato dagli osservatori più attenti e sensibili da molto tempo: 

  • rispetto alla storia secolare dell’umanità, nella quale la cura si è sempre basata sulla relazione tra curato e curante e tra comunità e individui; 
  • nell’ambito delle riflessioni socio-antropologiche più recenti sull’esistenza di un sistema “pico-somato-ambientale” alla base di benessere e salute; 
  • nella realtà dei successi ottenuti nelle situazioni di emergenza sanitaria – come nella recente epidemia da Covid 19 – ogni qual volta si sono messe in campo risorse di solidarietà tra generazioni e territori, volontariato, supporti e forme di cura altamente relazionali. 

Un approccio che viene sostenuto dai contributi più seri provenienti 

  • dalla ricerca scientifica più avanzata, anche da quella biomedica, dalle neuroscienze e dalla epidemiologia (addirittura l’intelligenza artificiale comincia a riflettere sulle dinamiche socali della salute sotto il nome di ESPOSOMA); 
  • dalle esperienze di buona cura, di presa in carico, di medicina pro-attiva, di medicina narrativa e di budget di salute; 
  • dai contributi provenienti dal “Movimento oltre il Pil”, dal quello degli indicatori sui determinanti sociali, dalle recenti encicliche Laudato sì e Fratelli tutti, e dall’Agenda dell’Onu per lo sviluppo sostenibile;
  • dal movimento contro un “sistema a somma zero” che da un lato crea i problemi e dall’altra annaspa per risolverli, per la prevenzione ambientale ed eco-sistemica, sia rispetto all’impatto dei fattori fisici che rispetto alla qualità della vita e delle relazioni.

Se vogliamo uscire dall’impasse nella quale il settore si trova, occorre a nostro avviso lavorare per mettere il paradigma relazionale alla base delle scelte strategiche e delle politiche di settore a tutti i livelli:

  • A livello micro della relazione terapeutica, in termini di presa in carico, continuità assistenziale, medicina narrativa, etica dello sviluppo tecnologico (algoetica), sanità pro-attiva, solidarietà di territorio
  • A livello meso attraverso:
  •  il monitoraggio attento della domanda di benessere e relazionalità – come si è cominciato a fare con la misurazione del Benessere equo e sostenibile -, 
  • le forme di medicina di comunità previste dal PNRR in un senso relazionale e interconnesso, 
  • la valorizzazione delle esperienze di programmazione partecipata, co-progettazione, cooperazione e creazione di patti, 
  • la valorizzazione dell’associazionismo di patologia e territorio
  • i programmi di rigenerazione urbana
  • A livello macro con un impegno serio nella direzione dei principi di One Health e Global Health, cooperazione planetaria, salute in tutte le politiche e realizzazione della sostenibilità intergenerazionale a livello planetario.

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PAPER AMBIENTE

La transizione ecologica è una necessità per garantire un futuro sostenibile, riconciliando sviluppo economico e tutela del nostro pianeta. L’attuale modello produttivo, basato sulla crescita senza limiti, ha portato a crisi climatiche, inquinamento e perdita di biodiversità con pesantissime ricadute sulla vita delle persone in tutto il mondo. Il riscaldamento globale, con eventi estremi sempre più frequenti, impone misure urgenti per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5-2°C con interventi di mitigazione (riduzione delle emissioni) e adattamento (prepararsi agli impatti climatici).

Le energie rinnovabili combinate al passaggio da un’economia lineare a una circolare, basata su riduzione, riuso e riciclo possono essere il fulcro del cambiamento ma devono sempre prestare attenzione al risvolto sociale, poichè devono evitare di penalizzare le fasce più deboli della popolazione. La qualità dell’aria e la salute pubblica, fortemente connessi alla questione ambientale, richiedono interventi urgenti che vadano a contrastare il continuo processo di inquinamento ambientale a cui siamo costantemente sottoposti.

In Italia, il percorso verso la neutralità climatica è in ritardo: le rinnovabili crescono ma non abbastanza, la burocrazia frena gli investimenti e diversi settori (tra cui edilizia, mobilità e trasporti, agricoltura) necessitano di una ri-organizzazione degli incentivi, in modo che possano essere equi e stabili. Efficientamento energetico, comunità energetiche rinnovabili e progressivo abbandono delle fonti fossili hanno trovato una promettente strada di implementazione attraverso la compensazione delle emissioni delle imprese, ma servono politiche organiche che ne guidino
lo sviluppo.

A livello globale, un’opportunità per riequilibrare le disuguaglianze è il concetto di “giubileo ecologico”, che lega la cancellazione del debito finanziario al riconoscimento del debito ambientale dei paesi ricchi verso quelli in via di sviluppo, favorendo così una transizione più giusta e solidale.

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PIANO B DAL VIVO

1

Negli ultimi anni, a seguito dei grandi choc globali che hanno colpito il mondo intero, si è inaugurata una stagione nuova. L’orizzonte rimane incerto. Ma, al di là delle legittime preoccupazioni, questa condizione va vista come un’apertura. La pandemia, gli effetti della guerra e il cambiamento climatico ci dicono, sempre più chiaramente, che tutto è in relazione con tutto. Nel mondo del XXI secolo l’idea della sovranità – tanto a livello individuale che statale – è messa in discussione dalla fitta rete delle interdipendenze in cui siamo immersi. Continua a leggere

2

Il passo che dobbiamo compiere è impegnativo. Di fronte ai problemi da risolvere e alle sfide da vincere occorre essere molto concreti, tempestivi ed efficaci. Tuttavia, non riusciremo a trovare le risposte che cerchiamo solo attraverso uno sterile attivismo. Né basterà continuare sulla linea seguita fino ad oggi. Ciò di cui abbiamo bisogno ė una intelligenza creativa nuova. Continua a leggere

3

A parole, tutti concordano sulla centralità della persona. Ma, al di là delle retoriche, non c’è accordo sul significato di persona. Il discrimine che fa la differenza è il seguente: mentre l’io individuale è una monade, che si autocostituisce indipendentemente dal contesto, la persona è costitutivamente in relazione con il contesto, il resto dell’umanità e tutte le forme di vita, e perciò aperta all’altro e all’infinito. Continua a leggere

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LE RAGIONI DI UNA PROPOSTA

Negli ultimi anni, a seguito dei grandi choc globali che hanno colpito il mondo intero, si è inaugurata una stagione nuova. L’orizzonte rimane incerto. Ma, al di là delle legittime preoccupazioni, questa condizione va vista come un’apertura.

La pandemia, gli effetti della guerra e il cambiamento climatico ci dicono, sempre più chiaramente, che tutto è in relazione con tutto. Nel mondo del XXI secolo l’idea della sovranità – tanto a livello individuale che statale – è messa in discussione dalla fitta rete delle interdipendenze in cui siamo immersi. 

In questa situazione, il successo dell’idea di crescita vista come aumento quantitativo delle possibilità di vita moltiplicato per miliardi di individui si scontra con gli effetti perversi associati a tale modello.

Quella che possiamo considerare una prima parte della storia economica dell’umanità è stata centrata su produttività ed efficienza (fare più beni e servizi, in meno tempo possibile e con qualità crescente) e ha portato progressi straordinari nel migliorare le condizioni di vita di una popolazione crescente (da 230 milioni di persone con vita media di 26 anni a 8 miliardi con vita media di 73 anni nel giro di 2.000 anni). Ma mostra oggi tutti i suoi limiti in quanto a capacità di equa distribuzione delle risorse e di lotta alle povertà vecchie e nuove, e in quanto a sostenibilità ambientale, planetaria e ricchezza di senso del vivere. Il che sta portando anche ad una progressiva erosione delle virtù civiche che rendono possibile la democrazia.  

I rischi sono evidenti: l’emergenza climatica, i rischi legati alla perdita della biodiversità, quelli pandemici, il dramma delle tante guerre ed il ritorno della guerra al centro dell’Europa, nonché gli attacchi – interni ed esterni – alla democrazia sollevano fondati motivi di preoccupazione.

E tuttavia, come sempre è stato nella storia, la crisi in atto costituisce anche un’occasione per una rigenerazione del nostro modello di sviluppo. Tanto più che il cambiamento tecnologico, trainato da quel fenomeno così trasversale e profondo che è la digitalizzazione, accelera sempre di più. 

Così, la crisi fa riaffiorare alcune delle domande che da sempre accompagnano l’esperienza umana: constatato che la semplice ricerca del benessere materiale non placa la proiezione desiderante dell’umano, la ricerca di senso e di felicità – vere matrici di ogni autentico sviluppo – torna alla ribalta. 

Ed al fondo di questa ricerca c’è la questione del desiderio, che la conquista del benessere sembra ottundere. Dove il problema non è tentare di rimettere il genio dentro la lampada, ma piuttosto declinare diversamente il sacro diritto a vivere una (pienezza di) vita autentica di cui tutti, in una società avanzata, si sentano portatori. 

Lo sviluppo sostenibile costituisce, soprattutto per i giovani, l’orizzonte di senso entro cui investire le proprie energie ed i propri talenti. L’inversione di marcia nella direzione della circolarità (rispetto degli equilibri planetari, biodiversità, creazione di valore sostenibile attraverso riuso, riciclo, materia seconda, condivisione dei beni strumentali, gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti) non è più procrastinabile. Dove la sostenibilità – declinata in tutte le sue dimensioni – economica, sociale, ambientale, umana – comporta tanto un salto tecnologico quanto un’evoluzione culturale e spirituale. Al fondo, la questione della sostenibilità richiede di tematizzare e tentare di risolvere il rapporto paradossale che esiste tra libertà e legame.

Non può esserci sostenibilità senza la consapevolezza del legame di tutto con tutto, delle implicazioni e delle interdipendenze. E in questa prospettiva il legame apre lo spazio a relazioni generative, dove l’esercizio della propria libertà si esprime nella consapevolezza delle sue implicazioni su ciò che la circonda e nella tensione a far circolare creativamente questa stessa libertà ad altri, alle altre specie viventi, alla parte fragile della società e in particolare alle nuove generazioni. 

Lo sviluppo sostenibile va conquistato, in altre parole, rafforzando la pluralità e la responsabilità, e ci aiutano in questa direzione le evidenze empiriche, sempre più numerose, che indicano che un approccio generativo nei confronti della vita e dello sviluppo aumenta soddisfazione, ricchezza di senso di vita ed anche qualcosa di molto concreto come l’aspettativa media di vita e la durata effettiva della vita. Perché l’uomo è per sua natura relazione ed essere generativi rafforza la dimensione dell’umano, attraverso la concreta esperienza di una vita ricca di relazioni di qualità, di scambi reciproci, di gratitudine, di benevolenza ed affetto con i nostri simili.

Il passo che dobbiamo compiere è impegnativo. Di fronte ai problemi da risolvere e alle sfide da vincere occorre essere molto concreti, tempestivi ed efficaci. Tuttavia, non riusciremo a trovare le risposte che cerchiamo solo attraverso uno sterile attivismo. Né basterà continuare sulla linea seguita fino ad oggi. Ciò di cui abbiamo bisogno ė una intelligenza creativa nuova. 

La crisi che dobbiamo attraversare ci dice che, nonostante gli straordinari successi degli ultimi secoli, il modo in cui guardiamo e trattiamo la realtà è da cambiare. In particolare, la pandemia ci ha lasciato un insegnamento prezioso, ma che fatichiamo a interiorizzare: per vincere un virus pericoloso ed una epidemia globale il contributo della scienza e della tecnologia è stato fondamentale; e tuttavia, per quanto preziose, nemmeno la scienza e la tecnologia da sole hanno potuto e possono risolvere le questioni che ci sfidano.

Ciò ci ricorda che la morte, la perdita e il limite non sono aspetti che possiamo pensare di rimuovere, bensì elementi costitutivi della nostra comune condizione umana. Non muri contro cui siamo destinati a sbattere, ma occasioni di una nuova apertura (all’altro, alle altre forme di vita, all’infinito), che dilata i nostri confini.

Così, oggi più di qualche anno fa, siamo nella condizione di tornare a capire che non c’è vera conoscenza, come già sapevano gli antichi, se alla dimensione dell’intelletto (che non può essere ridotto a ragione che calcola e astrae) non affianchiamo anche quella dello spirito, inteso come dimensione immateriale, morale ed etica dell’esistenza.

Così come non riusciremo a risolvere i nostri problemi se ci affideremo esclusivamente alle pur preziose informazioni codificate, dimenticando il ruolo prezioso dell’esperienza da cui si generano il saper fare, il saper vivere e il saper pensare dei singoli e delle comunità. Per rendere efficace l’impegno concreto nel mondo dobbiamo sviluppare un modo più integrale di guardare la realtà, di conoscerla e di immaginarne la trasformazione.

 

A parole, tutti concordano sulla centralità della persona. Ma, al di là delle retoriche, non c’è accordo sul significato di persona.

Il discrimine che fa la differenza è il seguente: mentre l’io individuale è una monade, che si autocostituisce indipendentemente dal contesto, la persona è costitutivamente in relazione con il contesto, il resto dell’umanità e tutte le forme di vita, e perciò aperta all’altro e all’infinito.

Con la sua unicità, la persona è comprensibile solo in rapporto ai contesti in cui vive e opera, ma al tempo stesso questo rapporto non va visto in senso deterministico, in quanto la persona è tale anche e proprio perché è irriducibile al contesto e capace di trasformazione e di cambiamento. In fondo, è proprio per il mancato riconoscimento di questo paradosso tra legame e libertà che la nostra cultura si impoverisce e decade.

La persona esiste solo in rapporto al luogo in cui vive, cioè all’ambiente naturale e urbano nel quale si colloca, all’insieme  delle relazioni primarie e libere quali la famiglia, il mondo associativo, la rete amicale, il vicinato; in rapporto alle istituzioni, che fanno  riferimento allo Stato nazionale ma sempre più anche a dimensioni sia locali (come la scuola) sia sovranazionali oltre che alla infrastruttura tecnica, culturale e scientifica; e in rapporto all’impresa, cioè a  quella forma sociale, tipica della modernità, che – combinando l’intraprendenza con l’organizzazione – costruisce l’ossatura fondamentale della vita economica, lavorativa e per molti aspetti anche sociale di una società avanzata, oltre che un luogo fondamentale di elaborazione e trasmissione di esperienze e conoscenze.  

Parlare di centralità della persona vuol dire dunque considerare tutte queste dimensioni, che sono costitutive della persona stessa, nel loro intreccio. Perché è dal modo in cui concretamente queste dimensioni sono realizzate, nella loro interrelazione, che dipende la concreta possibilità che ogni singola persona, nella sua originalità, possa davvero contribuire a costruire e trasformare la realtà. Una realtà che non va vista come qualcosa di statico o immobile, ma come un processo in perenne trasformazione. E ciò è ancora più vero in un momento come quello che stiamo vivendo, di così grande e profonda trasformazione. 

Mettere al centro la persona significa prendersene cura dalla nascita alla morte, investendo sulla sua educazione e formazione – che durano tutta la vita -. Significa preoccuparsi dei luoghi di vita e del lavoro e promuovere la vita associativa. Significa adoperarsi per la rigenerazione dei territori e delle forme democratiche dello Stato, oggi così minacciosamente messe in discussione. 

Sarà solo prendendosi cura dai luoghi e dalle relazioni in cui le persone vivono, amano, agiscono che sarà possibile trovare la via del futuro che cerchiamo. Dentro un cammino comune in cui l’azione di ciascuno si svolge in un apprendimento continuo, ogni giorno e un po’ per volta, a mettersi in relazione a quella di tutti gli altri ed al resto.

Queste considerazioni fondative su felicità, sostenibilità, relazioni generative, intelligenza, intelletto, spirito e persona non potranno incarnarsi e declinarsi nella realtà di oggi se non contribuiranno a plasmare un nuovo paradigma sociale ed economico (una nuova economia sociale e civile) che superi le visioni anguste di persona, ambiente, impresa, valore e azione politica, per aprirle a queste dimensioni più fondanti e costitutive.

Nel vecchio modello la persona era homo economicus, miopemente autointeresssato, vittima della trappola della sfiducia. Nel nuovo modello la persona è piuttosto un cercatore di senso che ha la potenzialità di diventare maestro di relazioni e di realizzare attraverso meccanismi di fiducia e meritevolezza di fiducia, che chiamiamo capitale sociale, la quinta operazione, quella della cooperazione dove uno “con” uno fa sempre più di due, perché mette in squadra e a fattor comune una molteplicità e una ricchezza di esperienze e competenze eterogenee e non sovrapponibili. 

L’impresa allora non è più massimizzatrice di profitto “non importa come” (senza alcuna considerazione per i legami e le interdipendenze della propria azione in termini di effetti sociali ed ambientali) ma diventa socialmente responsabile, ricca di senso e nasce una nuova “biodiversità organizzativa” promossa da una generazione di imprenditori più ambiziosi, che non guardano solo al profitto ma anche all’impatto sociale ed ambientale.

Gli indicatori di benessere, fondamentali per indicare la direzione di marcia delle società, non considerano la crescita economica condizione sufficiente per la felicità e il benessere ma usano un insieme di dimensioni (salute, istruzione, qualità della vita di relazioni…) centrali per il ben vivere e mettono al centro il tema della generatività declinandolo in indicatori specifici. La politica sociale ed economica non è decisa dall’alto da un sovrano illuminato che corregge i limiti dei meccanismi di mercato.

Alle due mani tradizionali (mercato ed istituzioni) si uniscono la terza – delle imprese ed organizzazioni sociali responsabili – e la quarta – della cittadinanza attiva -. Le istituzioni riconoscono in questo nuovo modello che il loro ruolo migliore è nell’essere levatrici delle energie della società civile.

Il sistema a quattro mani è infinitamente più generativo e ricco di senso di quello a due mani e promuove concretamente il principio della sussidiarietà (meglio che un problema sia risolto dalla comunità vicina ad esso che da un’istituzione centrale e distante) alimentando la crescita e la vitalità della società civile che è la vera forza della democrazia.

Occorre rendersi conto che la sfida della cittadinanza attiva e generativa e quella del modello a quattro mani di cui abbiamo detto, si giocano principalmente nella ricerca di risposte concrete ai tanti problemi che il momento storico attuale ci presenta –  sociali, ambientali, politici ed economici – , e che gli sforzi di chi è già impegnato nelle diverse forme di impegno civico e di attivismo sociale devono essere rivolti in via prioritaria alla individuazione di un linguaggio e di un terreno di azione comuni, su cui fare massa critica.

In questo senso riteniamo che azioni concrete come le battaglie per la sostenibilità planetaria e la sfida climatica (attraverso le comunità energetiche e le fonti rinnovabili),  per il consumo responsabile (attraverso il voto con il portafoglio), per la lotta alle diseguaglianze ed alle vecchie e nuove povertà, per la promozione della dignità del lavoro, della cultura, del rispetto delle diversità e della cooperazione e coprogettazione a tutti i livelli, e per la amministrazione condivisa siano da porre in primo piano. 

PERCHÈ UN LESSICO

Una mappa di significato che mette in connessione e in dialogo idee e prassi alimentando un divenire generativo, creando una comunità che si incontra e si riconosce attorno ad una visione viva ed in cammino che risponde alle sfide di oggi.

I PROMOTORI

Leonardo Becchetti

Professore Ordinario di Economia politica presso l’Università Tor Vergata, direttore del master MESCI, direttore del festival dell’Economia Civile, presidente del comitato Etico di Etica sgr. Vicepresidente della Società Italiana di Economia Demografia e Statistica. Ha svolto diversi ruoli di consigliere e consulente del MEF, Ministero del Lavoro e Ministero dell’Ambiente. Editorialista di Avvenire e del Sole 24 ore, membro del comitato scientifico del Corriere della Sera buone notizie. Cofondatore di Next Nuova Economia per Tutti.

Marco Bentivogli
Luigino Bruni
Marta Cartabia

Ordinaria di Diritto Costituzionale, già giudice della Corte costituzionale, della quale dall’11 dicembre 2019 e presidente della Corte, è stata ministro della giustizia nel governo Draghi (2021-2022).

Carla Collicelli

Sociologa del welfare e della salute, già Vice Direttore Generale della Fondazione Censis, ora Associate Researcher presso CNR – CID Ethics, Senior Expert ASviS per le relazioni istituzionali e l’Obiettivo 3 dell’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile, docente di comunicazione scientifica e biomedica alla Sapienza, membro della Consulta Scientifica del Cortile dei Gentili.

Chiara Giaccardi

Laureata in Filosofia e con un PhD in Social Sciences, è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Cattolica di Milano, dove dirige anche la rivista Comunicazioni Sociali-Journal of Media, Performing Arts and Cultural Studies. Si occupa di trasformazioni culturali legati ai processi di globalizzazione e alla rete. È membro della Pontificia Accademia per la Vita, presidente del Comitato Tecnico-scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, collabora con il quotidiano Avvenire e fa parte del comitato editoriale di Donne Chiesa Mondo, supplemento mensile dell’Osservatore Romano.

Enrico Giovannini

Ordinario di statistica presso l’Università Tor Vergata e co-fondatore e direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), ), una rete di oltre 300 soggetti della società civile creata per attuare in Italia l’Agenda 2030 dell’ONU. Già chief statistician dell’OCSE e presidente dell’ISTAT, è stato Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili nel governo Draghi e Ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta. È autore di oltre 130 articoli pubblicati su riviste nazionali e internazionali e di sette libri su temi statistici ed economici, tra cui L’Utopia Sostenibile (Laterza, 2018), Quel mondo diverso con F. Barca (Laterza, 2020) e I ministri tecnici non esistono (Laterza, 2023).

Elena Granata

Docente di Urbanistica al Politecnico di Milano, è vicepresidente della Scuola di Economia Civile e Founder di Venture Thinking.È stata membro dello Staff Sherpa, Presidenza del Consiglio dei Ministri, G7/G20 (2020-21) sui temi della biodiversità. Tra i suoi libri: Il senso delle donne per la città (Einaudi, 2023); Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo (Einaudi, 2021); Biodivercity (Giunti, 2019). 

Luca Jahier
Mauro Magatti

Mauro Magatti sociologo ed economista ed editorialista di Corriere della Sera e di Avvenire. Insegna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. Fondatore dell’Archivio della Generatività Sociale.

Ugo Morelli

Psicologo e studioso di scienze cognitive . Insegna Scienze Cognitive Applicate all’Università Federico II di Napoli. Il suo prossimo libro con Vittorio Gallese è “Cosa significa essere umani”, Raffaello Cortina Editore, Milano 2024.

Alessandro Rosina
Roberto Rossini
Paolo Venturi
Giorgio Vittadini

Professore di Statistica al Dipartimento di Statistica e metodi quantitativi dell’Università degli Studi di Milano Bicocca.
Ha fondato e presiede la Fondazione per la Sussidiarietà che dal 2002 realizza attività di ricerca, formative ed editoriali su temi socio-economici e pubblica ogni anno il Rapporto sulla sussidiarietà.

RASSEGNA STAMPA

👉🏻 Riprendendo la significativa immagine usata dai Prof. Leonardo Becchetti e Paolo Venturi alla presentazione del libro "Piano B, uno spartito per rigenerare l'Italia", questo è lo spartito in cui vogliamo far #crescere le nostre famiglie dentro alla nostra città!

AVVENIRE

Piano B. Nuove mappe per chi ci crede ancora

VITA

Nasce Piano B. Uno spartito per lo sviluppo dell’Italia

Tabella dei Contenuti

Non un partito ma uno “spartito”, un manifesto per rilanciare il ruolo politico della società civile, grande ricchezza del nostro paese.